Il tema della difesa della vita è ormai al centro di ogni questione morale e/o sociale e su questo sembrerebbe esistere un ampio consenso; ma quando si affronta il problema delle pena di morte le cose si complicano e si assiste a un bel pezzo dell’opinione pubblica favorevole a questa “pena capitale” insieme ad un’altra parte indecisa.
Nel tempo, il Magistero della Chiesa Cattolica a questo proposito si è via via evoluto [si pensi che nello Stato Pontificio, papa Pio IX regnante, vigeva la pena di morte che venne decretata perfino contro dei patrioti italiani!] ed ha affrontato con crescente attenzione questo che è divenuto un fronte caldo in varie parti del mondo. Nel frattempo diverse componenti cattoliche sono scese in campo molto attivamente nella battaglia per l’abolizione della pena di morte, a cominciare dagli USA.
Ora papa Francesco va oltre le dichiarazioni testuali del “Catechismo” e rompe ogni indugio con una presa di posizione radicale che appare a questo punto irreversibile e dunque impegnativa per tutti i cattolici del mondo. Infatti non si tratta soltanto di una esternazione, sia pur ufficiale; ma addirittura della modifica di un paragrafo del “Catechismo” del 1992, disposto in occasione del 25mo anniversario della sua promulgazione. In tal modo la pena di morte viene dichiarata «inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». Una riformulazione che, se risulta coerente con la tendenza magisteriale degli ultimi pontefici, diventa però del tutto esigente nei confronti dei cattolici legislatori e/o impegnati in politica che infatti vengono ora sollecitati ad essere testimoni coerenti: invito che ovviamente ricade su tutto il popolo quindi sui cattolici come elettori nei paesi democratici. Da parte sua la Chiesa «si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo» e dispone che il nuovo testo «venga tradotto nelle diverse lingue e inserita in tutte le edizioni del suddetto Catechismo».
L’evento non interessa solo i fedeli cattolici. Va osservato infatti che anche questo pronunciamento riprende una riflessione di più ampio respiro ed insiste sul senso delle pene e sulla loro finalità: aspetti purtroppo dimenticati che trovano molti cittadini smarriti sull’argomento, anche in Italia. Si discute spesso dell’affollamento delle carceri e semmai della necessaria accelerazione delle sentenze, ma molto di rado di riflette sulla pena come riscatto allo scopo della restituzione del condannato ad una vita in libertà. Obiettivi ovviamente assai arditi, tuttora clamorosamente disattesi, e tuttavia irrinunciabili per ogni Paese che voglia definirsi “civile” a tutti gli effetti.
L’Associazione OLTRE IL PONTE, già attiva in svariati modi sul versante della condizione carceraria, continuerà pertanto a maggior ragione a portare avanti questa battaglia di civiltà.
Luciano Mazzoni Benoni