Nel pomeriggio di Giovedì 18 Ottobre numerosi giornalisti hanno partecipato al seminario dell’Università di Parma sul tema “Comunicare (in) una lingua/cultura minoritaria” in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti e l’Associazione “Oltre il Ponte”, nell’Aula Magna “Angelo Scivoletto” (Borgo Carissimi).
Dopo i saluti pervenuti di Diego Saglia, Direttore del Dipartimento DUSIC e di Andrea Tufariello della Fondazione ODG (Ordine dei Giornalisti), riferiti dal prof. Davide Astori, e quelli recati di persona da Sandro Capatti, Presidente dell’Associazione “Oltre il Ponte” (la quale è impegnata da tempo su queste tematiche), il dr. Luciano Mazzoni Benoni ha condotto e moderato i lavori Luciano Mazzoni Benoni, direttore della rivista Uni-versum. Nella sua introduzione Egli ha richiamato il precedente Seminario del Novembre 2017, sulla Lingua Madre: il cui valore è stato riconosciuto dall’ONU con una specifica Giornata mondiale (21 Febbraio) ma viene costantemente messo a rischio dai processi di omologazione culturale, di migrazioni forzate e di dominio tecnologico; tutti convergenti nel provocare una desertificazione culturale. Oggi nel mondo si registra muore una lingua ogni giorno; negli ultimi 10 anni sono spariti oltre 100 linguaggi e su 6-7mila lingua parlate entro il 2100 si prevedono che oltre 2 mila siano in pericolo (perfino nella civilissima Europa). Occorre impedire questo impoverimento culturale della noosfera che coincide con quello della diversità biologica nella biosfera, per favorire anzi una riforestazione linguistica (citando Tom Nichols in La conoscenza e i suoi nemici, Luiss University Press 2018). Ma ha anche voluto apportare una recentissima notizia (La Stampa web, 13 ottobre 2018) inerente l’allarme lanciato da Silvana Pietramala, ultima insegnante della lingua ‘guardiolo’, parlata dalla maggioranza della popolazione residente a Guardia Piemontese (CS) in Calabria: un caso paradigmatico, recando con sé tanto il tortuoso processo risorgimentale quanto la sorte delle minoranze religiosa, in tal caso della diaspora valdese. Un caso illuminante, a conferma degli allarmi lanciati in sede Unesco.
Tra le Relazioni svolte, oltre a quella di Lorenzo Sartorio, giornalista-etnografo, sulla ‘parmigianità’ (con l’intervento di Enrico Maletti, esperto di dialetto parmigiano) meritano menzione quelle espressione di due casi linguistici di grande rilievo per l’Italia: il Friuli e il Trentino.
Il primo caso è stato illustrato da Erika Adami, giornalista, Direttrice de La patrie dal Friùl: “Comunicare la realtà friulana”, la quale ha fornito le cifre elevate della diffusione del ‘furlan’ (600 mila persone), nonché dello sloveno, nel quadro di una vicenda storicamente tormentata e tuttora non facile. Una realtà comunque vivace, protagonista dei cambiamenti in atto, impegnata a mantenere elevato l’impegno educativo nella scuola per le nuove generazioni e a scommettere altresì sul valore economico in positivo a favore del territorio della diversità linguistica.
Il secondo da Silvano Ploner, giornalista Rai: “Comunicare la realtà ladina”, il quale ha corredato il caso dalla cornice storica ed istituzionale nonché legislativa (intervenuta grazie agli accordi storici De Gasperi-Gruber con valore internazionale, a favore delle minoranze ladina e cimbra in Trentino e di quella di lingua tedesca in Alto Adige) che lo colloca come un unicum privilegiato rispetto alle altre minoranze in Italia.
Due casi quindi analoghi, e caratteristici di due Regioni a statuto speciale, e tuttavia ben differenti per i contesti e per le normative vigenti (casi peraltro non esaustivi del quadro delle minoranze linguistiche in Italia, che risultano essere ben più numerose anche se quantitativamente ridotte). Due casi che comunque concorrono a delineare quella ‘Europa dei Popoli’ che solo una prospettiva federalista sarebbe in grado di accogliere adeguatamente e di soddisfare, ben oltre le ristrette e miopi ottiche nazionali che -come attestano i casi ben più noti delle minoranze linguistiche in vari paesi europei (si pensi a quelle basca e catalana in Spagna o a quella corsa in Francia)- non riescono a corrispondere alle esigenze di queste popolazioni, che intendono restare radicate alle proprie origini, culture e tradizioni.
A causa della restrizione dei tempi, il prof. Davide Astori, linguista e docente nonchè Direttore della rivista L’esperanto, ha ridotto il suo intervento: esprimendo il concetto del valore dell’interlinguistica e della genesi delle lingue cosiddette artificiali e facendo l’esempio dell’esperanto: il quale è una lingua a tutti gli effetti e questo è dimostrato, da ultimo, anche dal fatto che è stato accettato dal Pen-club internazionale. Astori ha inoltre offerto ai partecipanti copia del suo saggio Esperanto e lingue minoritarie: uno studio di enorme spessore e di valenza emblematica attorno al nesso che congiunge la battaglia in difesa della lingua madre e, nel contempo, a sostegno di una possibile lingua ausiliaria universale.
Concludendo i lavori, L.Mazzoni Benoni ha fatto presente l’attualità dei temi affrontati: destinati non ad una platea ristretta bensì all’intera cittadinanza, ricordando le tensioni presenti in Europa e invitando a ritornare al testo dei padri fondatori del movimento federalista ed europeista di Ventotene, per scongiurare le minacce che cercano di distruggere la convivenza pacifica dei popoli europei.
Sulla medesima lunghezza d’onda, nella mattinata era stata festeggiata la nona edizione del Premio Canuto 2018 per la miglior tesi di laurea in “Interlinguistica ed Esperantologia”, promosso dall’Università di Parma, sotto la direzione del prof. D. Astori.
Luciano Mazzoni Benoni