Onore alla memoria di Desmond Tutu: straordinario operatore di pace.
Come associazione impegnata ad oltrepassare le barriere, a valicare i confini, a superare i pregiudizi, lo consideriamo un profilo esemplare per l’affermazione di una nuova civiltà umana.
Nella sua lunga vita (1931 -2021) si è sempre adoperato -prima come insegnante, poi come pastore e vescovo infine come timoniere della transizione al post-apartheid- a testimoniare la sua fede cristiana secondo una chiave di piena umanità ispirata ai principi di fraternità e uguaglianza, solidarietà e libertà.
Il suo principale obiettivo fu quello della giustizia, ancorata tuttavia al valore supremo della non – violenza: in un contesto radicalmente oppressivo nel quale egli stesso era espressione della minoranza nera.
Ma forse l’apporto più elevato che lui ha dato alla civiltà umana fu quello della ideazione di un originale processo di riconciliazione fra le etnie bianche e nere, dopo una lunga e sanguinosa guerra civile che aveva lasciato strascichi e dolori a non finire.
Ebbene: diversamente da altri precedenti storici, la transizione ad una vera convivenza per lui doveva passare prima di tutto dalla verità: vale a dire da una verace procedura di validazione giuridica per tutti colore che -da una parte e dall’altra- si erano macchiati di delitti e di violenze. Si trattò di una vera e propria scuola di rinascita, che ha fatto lezione a tutto il Pianeta e che viene giustamente considerata la miglior via percorribile per i conflitti ancora non ben sanati (si pensi a quello nell’ Irlanda del Nord fra le fazioni violente di cattolici e protestanti) o tuttora in corso (anzitutto il conflitto fra palestinesi e israeliani).
Una lezione che ha qualcosa da insegnare a tutti. Per l’Italia può valere l’esempio della c.d. “amnistia” che -grazie alla intesa fra De Gasperi e Togliatti- consentì, dopo il fascismo e la guerra, di superare l’epoca degli scontri seguiti alla guerra civile e partigiana: ma che lasciò per decenni irrisolti gli odi e i rancori, nonché celò fatti di violenza (di ambedue le parti belligeranti) a lungo negati o ignorati.
Egli ci ha così insegnato che traguardare “oltre il ponte” comporta l’impegno a fare i conti con sé stessi, con la propria ombra, con la verità dei fatti e delle intenzioni.
Lo possiamo quindi considerare anche profeta di quella “giustizia riparativa” che oggi ancora stenta a farsi spazio nel nostro sistema penale e carcerario, concepito secondo canoni inumani e del tutto incapaci di affrontare il tema del recupero umano e della redenzione sociale dei colpevoli.
Una lezione impareggiabile di civiltà che può aiutare ad evolvere ogni cultura e paese, in qualsiasi continente.
Luciano Mazzoni Benoni