Intervista esclusiva – Le ultime mostre a Palermo e al Festival della Coscienza di Berceto. Un docufilm sulla sua vita in uscita. I progetti e gli obiettivi di un artista che ha scelto il pennello come arma.
Emanuele Modica ha appena concluso, in luglio, l’allestimento della sua mostra al Festival della Coscienza di Berceto e, poco prima, a Palermo, un ritorno d’eccezione alla sua Tenda, quella con cui per venti anni ha girato l’Italia per denunciare l’infiltrazione di Cosa Nostra nella società e nelle economie locali.
Adesso che è quasi pronto il docufilm sulla sua vita, il pittore e scultore siciliano apre la sua Casa Museo sulle colline di Langhirano e ci racconta: gli esordi della sua arte, i fortunati incontri con le persone che lo hanno aiutato a costruire il suo progetto e a portare avanti il messaggio, il sodalizio fondamentale con Libera e con Don Ciotti e, soprattutto, la scelta iniziale: quella di rispondere alla violenza di chi gli aveva ucciso il padre non con altra violenza, in una spirale d’odio che avrebbe moltiplicato il dolore, ma con l’arte.
“Questa è l’arma” gli disse suo padre quella notte che lo sognò. E Modica capì subito quale potente messaggio di denuncia poteva passare attraverso un pennello ed emergere da una tela.
Guarda il video dell’intervista in esclusiva
Dal 1969, in venti anni di mostre itineranti – i primi cinque dei quali trascorsi in Sicilia – ha ricevuto (e tuttora riceve, ndr) tante minacce, ha incontrato migliaia di persone che la pensavano come lui, ma anche benpensanti che non apprezzavano affatto che di Mafia si parlasse così apertamente, ieri come oggi. E tanti giovani.
“Ho avuto molto aiuto dai giovani – racconta Modica –. Anche questo documentario che Salvo Taranto e Renato Lisanti stanno realizzando, ho accettato perché sono giovani puliti, che credono nel messaggio. Incito i ragazzi ad essere ribelli in modo positivo: la ribellione è un processo vitale, necessario.”
Della mostra di Palermo sottolinea l’accoglienza emozionante: “Dopo venti anni posso dire che qualcosa è cambiato – dice –. Sono venuti in tanti e il messaggio ancora una volta è passato.”
Adesso l’obiettivo principale è far conoscere la sua Casa Museo. Ha un invito nel cassetto da parte del Comune di Milano, ma non sa se accoglierlo. “Non giro più in tenda – conclude – e d’altra parte non voglio tradire il concetto della tenda come strumento di denuncia, che porta la mia arte e i miei temi non nelle sale di una galleria d’arte, solo ad un pubblico selezionato, ma direttamente in mezzo alla gente.”
Il pittore della tenda. Guarda il trailer del docufilm
Emanuele Modica è nato a Palermo nel 1936 da una famiglia contadina. La sua vita cambiò la notte che la mafia gli uccise il padre. Aveva 24 anni. Per sostenere la famiglia andò a lavorare in un bar. Fu lì che incontrò la prima delle persone che avrebbero sostenuto la sua arte e il suo progetto di vendetta attraverso l’arma del pennello. La pittura è, da allora, lo strumento di denuncia delle infiltrazioni e del malaffare di Cosa Nostra.
Photo: Sandro Capatti