In più occasioni si è detto che la sfida lanciata dalla globalizzazione al modello sociale europeo rischia, se non affrontato nel modo adeguato, di distruggere tutta l’impalcatura di solidarietà sociale costruita in anni di lotta dalle passate generazioni, e di gettare le popolazioni europee in balia degli interessi capitalistici e delle commistioni fra politici e società multinazionali.
Poiché quel processo non può essere demandato solo all’iniziativa di qualche imprenditore illuminato, gli Stati e l’Unione Europea se ne devono accollare l’onere, onde evitare, oltre al degrado sociale ( di cui già si vedono le prime avvisaglie), l’inevitabile conflittualità con una parte consistente della cittadinanza e lo svuotamento dell’intera impalcatura europea attraverso l’assunzione di atteggiamenti autoritari.
Oggi constatiamo che le varie ideologie esaltanti l’essenza dell’umanità, sia di destra come pure di sinistra, siano miseramente naufragate, sotto l’avanzare del capitalismo, facendo prevalere le speculazioni finanziarie e le rendite su quello che è il vero motore dell’umanità : “ il lavoro” , rinunciando al perseguimento di obiettivi quali :
• Una migliore ridistribuzione del reddito prodotto con conseguenza di una società più equa;
• Un’uguaglianza nell’esercizio dei principi del diritto e nella certezza della loro applicazione.
Questo ha inevitabilmente portato al qualunquismo e alla rassegnazione, premesse pericolosissime per il mantenimento di una società civile.
La disaffezione alla politica sta crescendo e se perseveriamo in questo processo, consentiremo ad una piccola minoranza, sostenuta e gestita da un sistema economico-finanziario controllato dalle lobby , di governare con consensi plebiscitari una maggioranza indifferente, individualista, sempre più chiusa in se stessa.
Che cos’è oggi l’Europa?
Oggi è una mera zona di libero scambio, in cui tutti gli Stati membri entrano in concorrenza fra di loro per sperimentare sulla propria pelle chi riesce a dare le risposte migliori alla globalizzazione.
Cosa deve fare e diventare l’Europa?
I necessari cambiamenti di indirizzo politico, al fine di evitare la fine del “welfare”, non si fermano quindi ai confini nazionali, ma devono abbracciare l’intero arco europeo.
Solo in questo modo sarà possibile ottenere risultati concreti capaci di salvaguardare tutta la collettività europea dai continui pericoli rappresentati dalle diverse nuove realtà emergenti.
L’Europa deve forzatamente accelerare il processo di unificazione politica.
All’Unione dovrebbero essere demandate competenze in materia di:
– Politiche sociali
– politica fiscale
– giustizia
– politica estera
– difesa.
Se saremo capaci di realizzare questo allineamento l’Europa potrà concordare nuove regole per la cooperazione economica internazionale, sia con le vecchie che con le nuove potenze, ma non solo, avrebbe più credibilità, più autonomia e non sempre al seguito di potenze più forti ,vedi USA , per le politiche estere.
In definitiva noi cittadini se non saremo in grado di costringere i nostri rappresentanti ad unificare questi processi, non avremo una nuova Europa finalizzata a perseguire l’interesse generale di tutta l’Unione, a unificare le politiche sociali nel suo interno mettendo in primo piano i valori in grado di costruire un vero “Contratto sociale”.