Si è celebrata il 31 luglio scorso la Giornata internazionale contro il traffico degli esseri umani istituita dalle Nazioni Unite nel 2013 per tutelare i diritti delle vittime.
E chi sono in questo ambito le vittime? Sono i migranti, specialmente bambini e donne: destinati a loschi traffici, a condizioni di super sfruttamento e alla prostituzione. Ed è il Mare Mediterraneo il teatro ove si gioca questa che non è una farsa ma una tremenda battaglia, contro l’attività economica e commerciale di gruppi criminali, spesso in combutta con le mafie locali (africane ed italiane).
Per tali ragioni è stata prolungata una importante iniziativa dell’Unione Europea: l’operazione Eunavfor Med “Sophia” dell’Unione Europea per smantellare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Essa, oltre a formare la guardia costiera e la marina libiche e attuare l’embargo dell’Onu sulle armi in alto mare intende “svolgere nuove attività di sorveglianza e raccogliere informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia” e anche migliorare la collaborazione con le agenzie di contrasto della tratta degli Stati membri, Frontex ed Europol”.
A tal fine sono stati attivati anche progetti di ‘ritorno volontario assistito’: per trovare una soluzione di vita dopo l’inganno di un futuro facile in Europa. In tal caso l’azione è del Ministero dell’Interno Italiano, grazie all’utilizzo di fondi europei per l’Asilo e l’Immigrazione.
Almeno in questo caso dovrebbe poter essere condiviso un accordo unanime fra tutti i cittadini italiani ed europei.
Invece su questo argomento sembra calare il sipario: scemano le denunce dei politici, scende l’interesse dei media; e soprattutto si stende un colpevole silenzio sulla sorte delle vittime, soprattutto donne e minori. E si nasconde una triste realtà, ignorata dai più: la schiavitù non è un ricordo lontano, ma esiste tuttora e rappresenta una piaga ben difficile da sradicare.