Si stanno svolgendo in ogni continente le celebrazioni del 200.mo anniversario della nascita di Baha’U’llah: il fondatore della fede Baha’ì. Se ogni tradizione religiosa merita -nel nuovo scenario post secolare e globale- una adeguata attenzione, oltre che il dovuto rispetto, per le proprie caratteristiche identitarie, in questo caso non può sfuggire una ragione in più per guardare con maggior attenzione a questa presenza, minoritaria eppure originale, nel panorama delle religioni mondiali.
In breve, si tratta di cogliere quello che a buon diritto può e deve essere riconosciuto a questa nuova fede di recente matrice: per il suo intrinseco ‘valore aggiunto’, che ne fa una presenza unica sul pianeta. Ebbene: in cosa risiede questa sua ‘cifra distintiva’?
E’ presto detto, alla luce degli studi comparati sulle religioni: se nel panorama odierno esistono per fortuna religioni ‘universalistiche’ (anche se spesso va precisato come accanto a questa vocazione virtuosa esse affianchino spinte e tendenze esclusivistiche, quindi di tutt’altro segno), tuttavia difficilmente esse approdano ad una visione coerentemente universale dal punto di vista della loro prospettiva di salvezza (che quindi conserva almeno alcuni fattori, più o meno residuali, di autoreferenzialità; quando non accampa addirittura pretese di verità assolute). Questioni oggi assai dibattute nella discussione attorno alle ‘teologia delle religioni’, che tardivamente è affiorata dopo gli ultimi decenni di dialogo fioriti dopo il fatidico incontro di Assisi del 1986: ma che milioni e milioni di fedeli appartenenti alle varie confessioni continuano ad ignorare, aggrappandosi alle rispettive credenze (ritenute le sole veritiere).
Ora, la novità fenomenica della fede baha’ì -preannunciata nel 1844 dal quel coraggioso profeta annunciatore che fu Siyyid’ Ali Muhammad, poi definito il Bab, “la porta” (1819-1850), fucilato dalle autorità iraniane del tempo- e proseguita poi con la sua piena manifestazione da Mullah Husayn (1817-1892), poi definito Baha’U’llah (“educatore divino”), consiste nell’annuncio che tutte le fedi non sono che manifestazioni storiche e culturali del’’unica fede nell’unico Dio (Allah); ma non solo: che l’umanità è una sola famiglia ed una sola, nazione.
E’ evidente che un siffatto messaggio, per anni ignorato in Occidente e snobbato dalle maggiori religioni nonchè tuttora ritenuto eretico nel mondo islamico (tanto da essere represso ferocemente in diversi regimi teocratici), si pone obiettivamente come il messaggio più avanzato sul piano religioso dal punto di vista della possibile riconciliazione e perfino della auspicabile convergenza (secondo la formula pluralistica della unità nella diversità): tanto che venne riconosciuto apertamente da alcuni antropologi e studiosi per la sua portata innovativa; tra essi il gesuita scienziato e mistico Pierre Teilhard de Chardin, che lo definì quale un fattore assai fecondo per l’evoluzione umana del nostro tempo; sollecitando pertanto ogni religione a fornire la propria verifica e testimonianza nell’apporto costruttivo alla evoluzione del pianeta (un invito purtroppo anch’esso ampiamente ignorato, in sfregio ai diritti umani, ma “in nome di Dio”, da ampie porzioni delle grandi religioni che continuano nella propria autoreferenzialità, rivendicando ciascuna la propria assoluta e pretesa verità).
Ecco perché è opportuno favorirne la conoscenza e quanto meno non ostacolarne la diffusione: dato che reca un messaggio positivo, contro ogni fanatismo ed esclusivismo, riconoscendo apertamente eguali dignità ai profeti fondatori delle precedenti religioni. Insomma: un ponte prezioso per l’incontro delle fedi oltre le credenze; per l’incontro dei cuori oltre i pregiudizi. Testimoniato dai fedeli baha’ì che si stanno rivelando ovunque come eccellenti persone di dialogo e di pace.
Luciano Mazzoni Benoni