Rendere omaggio a questa donna indomita e coraggiosa, radicalmente segnata dalla sorte tragica della figlia comporta per chi scrive l’impossibilità di non parlare in rima persona: per rendere presente il senso della testimonianza dei genitori di Ilaria.
Maturata l’dea di dedicare ad Ilaria la nuova Biblioteca Internazionale, non esitammo a rivolgerci direttamente ai genitori per verificarne il gradimento ed ottenere l’adesione al progetto dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Parma. Immediata la loro risposta con un invito nella loro residenza romana, in forza delle già precarie condizioni del padre. Ci recammo da loro e per prima cosa ci mostrarono la stanza di Ilaria: rimasta intatta, conservandone i segni, gli oggetti, lo stile. Un sacrario familiare allietato tuttavia dalle foto di Ilaria: ragazza con uno splendido sorriso, straripante di vita. Una presenza palpabile in ogni angolo della casa: una presenza che, nella sua inconsolabile tristezza, la rendeva carica di voglia di verità e di vita.
Seguì il dialogo, immediatamente dai toni angosciati: oltre che nel ravvivare il ricordo di quei giorni, dell’improvvisa notizia circa la tragica fine di Ilaria, soprattutto nel racconto della vicenda giudiziaria a lungo disattesa, soggetta a disattenzioni, a volontarie omissioni depistaggi e rinvii di ogni tipo. A poco valse -questo ce lo disse proprio la madre- il riconoscimento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: perchè gesto solo per dovere istituzionale, giunto tardivo e peraltro senza effetti positivi sulla vicenda che da anni attende ancora giustizia.
Anche dopo la dipartita del padre Giorgio (di origini parmensi), la cui salute era stata distrutta dal dolore, dieci anni or sono, la mamma di Ilaria ha proseguito la battaglia senza mai cessare le giuste rivendicazioni: sostenendo generosamente ogni iniziativa, culturale e sociale, recante il nome della figlia. In nome di quegli ideali di libertà e di solidarietà che avevano da sempre ispirato la famiglia.
Proprio in queste ultime settimane il caso è stato ancora una volta riconsiderato, dimostrando -dopo 24 anni- la fragilità delle indagini e la loro inconcludenza: lasciando così avvolta nella nebbia una storia che invece -per i suoi contorni gravissimi (traffico di armi e traffico di rifiuti tossici)- reclama giustizia e continuerà a legare il nome di Ilaria Alpi alla vera ‘Apocalisse’ che da decenni sta vivendo l’Africa. Un messaggio per scuotere la falsa coscienza dell’Italia e dell’Europa.
Luciano Mazzoni Benoni