L’educazione negli Istituti Salesiani di “ Don Giovanni Bosco”, trasmissione di valori morali e culturali da una generazione all’altra.
La parola educazione è spesso ritenuta complementare di insegnamento o istruzione, anche se quest’ultima voce tende ad indicare metodologie più spiccatamente “trasmissive” dei saperi; tuttavia si ritiene che le strategie istruzionali, facciano parte di un percorso educativo del bambino.
L’opera educativa è svolta da istituti sociali naturali, quali la famiglia, la nazione e da istituti creati, quali le scuole, i collegi, i centri educativi. La famiglia è il primo mattone, la base fondamentale per crescere i figli sani ed educati, ma tutti sappiamo che con il repentino cambiamento dei tempi, la società di oggi impone che i genitori abbiano poco tempo da dedicare ai figli; spesso viene demandato alla scuola oppure ad un istituto il compito di trasmettere loro, non solo il sapere ma, anche, i valori morali necessari per la formazione e la crescita dei ragazzi.
Il mese scorso è stato l’anniversario della nascita dell’Istituto salesiano don “ Giovanni Bosco” di Parma e del braccio femminile della Società Salesiana” Figlie di Maria Ausiliatrice” in piazzale San Benedetto. Istituto fortemente voluto da don Bosco, il quale sognò e visitò personalmente il luogo nel quale oggi vive l’Istituto San Benedetto. Nel 1873, don Bosco acquistò all’asta il fabbricato attiguo alla chiesa San Benedetto, fu l’ultimo sogno. Infatti egli morì nel 1887 lasciando al successore don Michele Rua il compito di portare a termine la realizzazione dell’opera. L’attività scolastica ebbe inizio, con la nomina del 1° direttore don Carlo Baratta, nel 1889. Fondatrice delle figlie di Maria Ausiliatrice fu Maria Domenica Muzzarello (1837 – 1881) denominata la contadina che riempi di scuola il mondo. Nel corso di questi 200 anni, nelle scuole salesiane vengono formati tanti ragazzi, sia dal punto di vista scolastico, sia dal punto di vista educativo, ovviamente con un’impronta religiosa. Allora ci si chiede: un ragazzo che studia in questi istituti è più educato rispetto ai ragazzi che studiano in una scuola pubblica?
Riportiamo la testimonianza di chi ormai alcuni anni fa frequentò la scuola primaria San Benedetto di Parma nel ramo femminile e di un sacerdote insegnante.
Cominciamo proprio da lei Patrizia, quale ricordo di quegli anni di scuola?
I giochi, le amiche, i grembiuli azzurri, a quel tempo come anche oggi si andava a scuola anche il sabato, per noi il sabato era un giorno magico soprattutto la mattina perché facevamo i giochi di gruppo. Altro ricordo importante era la collaborazione che c’era tra le famiglie, lo spirito di aiuto che tutti erano pronti a dare. Il ricordo invece più importante è quello della maestra laica, la signorina “Isabella”, la maestrina per eccellenza, era la maestra buona per eccellenza, nessun difetto.
Secondo lei ci vorrebbero più scuole con queste impostazioni?
Si, introdurrei nella scuola pubblica di oggi i valori di quel tipo di scuola e delle persone, la collaborazione che c’era allora oggi non la troviamo, tranne in qualche caso. La scuola di oggi oltre ad avere bisogno di una riforma, necessita di essere migliorata in tutte le sue parti, quello che serve in modo preponderante è appunto la collaborazione, il senso dell’amicizia anche tra i bambini, in quanto parlando di integrazione o inclusione, allora, il bambino/a “straniero” veniva da fuori città, parlava la stessa lingua, magari un dialetto leggermente diverso, oggi invece lo straniero che appartiene al mondo e la multiculturalità è completamente diversa, ovvero, l’inclusione oggi è molto più complicata.
Cosa servirebbe portare nella scuola pubblica?
Servono più valori umani, più rispetto per le regole, ricordo anche che lavoravamo moltissimo, non venivamo mai puniti, c’era molto rispetto per tutti e poi tante attività, facevamo molto sport e attività ludiche, l’educazione ci veniva insegnata attraverso il teatro, come detto con lo sport e tanto altro. Altra cosa importante era il rapporto che cera con i genitori e tra i genitori dei bambini.
Nella scuola di quel periodo quale era la cosa da cambiare secondo lei?
La divisione tra maschi e femmine.
Ricorda un aneddoto negativo o positivo della sua scuola?
Ah si certo, l’ultimo giorno della 5^ elementare avevamo preparato uno spettacolo di saluto alle classi più piccole, e l’atto finale dello spettacolo prevedeva il lancio di caramelle ai bambini più piccoli. Ricordo che dopo il lancio delle caramelle mi sentii una grande diva. Alcune delle mie compagne di scuola le ho riviste a distanza di anni, altre invece sono anche vicine di casa.
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Un’altra importante testimonianza ci viene data da Don William Vago insegnante di matematica e fisica presso la scuola San Benedetto di Parma, come ci racconta lo stesso don Vago “ fui mandato a Parma dalla Brianza nel 1964, il mio paese di origine è Merate Brianza (Lecco) quasi per sbaglio, in quel periodo l’istituto aveva le scuole medie e il liceo scientifico, io insegnavo matematica e fisica e dal 1964 sono rimasto qui, insegnando le stesse materie.”
Insegnare l’educazione oggi si dice che sia sempre più difficile, sia per la famiglia sia per la scuola, quale secondo lei può essere una buona proposta educativa?
Possiamo dire che oggi viviamo sempre più in un mondo di insieme, il valore e l’onestà deve essere la base dell’educazione per la scuola e anche per la famiglia. Don Bosco diceva che “se si è un buon cristiano si è anche un buon cittadino”. Quindi come tale accettare anche gli altri, senza guardare da dove vengono, la loro religione o la loro cultura, dobbiamo essere curiosi di sapere tanto da loro e non solo giudicare.
Cosa manca o cosa serve nell’educazione di oggi?
Purtroppo si tende molto spesso ascoltare l’esterno che ruota intorno alla scuola e alla famiglia, e purtroppo bisogna anche dire che a volte manca anche la famiglia, così come la scuola è cambiata a volte viene a mancare. Molto spesso si pensa al divertimento o a forme di ricerche talvolta anche estreme. Resta sempre attuale anche in questo caso l’insegnamento di Don Bosco il quale diceva “che il divertimento fa parte della vita e della persona, però le basi devono rimanere sempre quelle, l’educazione e il rispetto per le regole”.
Cosa manca ai giovani di oggi di più?
La conoscenza del fine e della vita, serve uno scopo, un ideale, invece penso che i giovani di oggi tendono a vivere di illusioni o di sogni irrealizzabili, devono darsi delle mete o degli obbiettivi, ma soprattutto cercare di conoscere la vita.
Il senso dell’educare oggi è uguale a quello di ieri?
Assolutamente no, sono cambiate tante cose. E’ cambiato il mondo, l’essere umano, sento che manca quel coraggio di proporre cose difficili, forse si è perso anche il controllo di se stessi, dello spirito, si guarda spesso il mondo e si cerca un traguardo, però spesso questo traguardo non ha un binario guida.
Cosa manca nella famiglia per insegnare l’educazione oggi?
Andare d’accordo e volersi bene tra di loro. Solo cosi il figlio/a capisce di essere amato/a. I genitori devono avere infatti più condivisione, più relazione. La frenesia ogni tanto va messa da parte, devono stare di più con i loro figli, anche facendo qualche sacrificio, diversamente si vedono dei figli sbalestrati.
Educazione, integrazione o inclusione?
L’essere umano non è depositario di nulla, qualunque popolo straniero è in grado di darci qualcosa, anche noi nella nostra scuola abbiamo ragazzi stranieri. In questo la politica serve a poco, serve un’integrazione di aperture, un’inclusione e una condivisione forte, non serve isolarsi, non bisogna solo giudicare. Quello che manca è la collaborazione tra i giovani e i genitori, serve un legame forte tra loro.
Don Vago da poco a festeggiato il 60° anniversario di sacerdozio, progetti futuri?
Continuare a fare quello che mi chiedono, anche se prima eravamo in trenta salesiani, ora invece siamo rimasti solo in sette.
Ha un sogno nel cassetto?
Morire a Parma, non essere rinchiuso in una struttura isolata e da solo.