Riflessioni sulla quotidianità dei fratelli e sorelle di una persona disabile
Si è tenuto mercoledì sera, presso la Sala Civica di Felino l’incontro “Dare voce ai siblings: cosa significa crescere con un fratello e con una sorella con disabilità” relatore dottor Luca Dondi, psicologo psicoterapeuta milanese analista transazionale, didatta e supervisore, da oltre 20 anni affianca all’attività clinica momenti di lavoro dedicati alla disabilità in particolare con Fondazione Paideia. Tale incontro è il primo di tre che l’ Azienda Pedemontana Sociale ha proposto nell’ambito del percorso “Nati due volte”, percorso di formazione e confronto rivolto alle famiglie di giovani adulti con disabilità e agli operatori del settore. Giunto alla sua terza edizione, il percorso si pone l’obiettivo di accompagnare famiglie e operatori verso l’ autonomia delle persone con disabilità. L’esperto Luca Dondi, ha raccontato la propria esperienza con i siblings, aggiungendo contenuti relativi al suo ultimo libro (“Siblings”, Crescere fratelli e sorelle di bambini con disabilità, Edizioni San Paolo).
Il dottor Dondi partendo dal presupposto che il benessere della persona disabile, transita, inevitabilmente, attraverso il benessere della propria famiglia. Alcuni decenni di anni fa, quando la psicologia si è affacciata al complesso mondo della famiglia con disabilità, l’attenzione clinica era rivolta soprattutto al care giver e alla persona disabile stessa. I siblings sono rimasti nell’ombra sino ad ora, soprattutto perchè il mondo accademico-clinico da sempre si è concentrato sulla relazione madre bambino.
La relazione tra fratelli è una relazione speciale, si condividono moltissime cose, alcune delle quali sono veramente importanti; ad esempio, si ha in comune il “patrimonio genetico”, cioè gran parte della nostra struttura biologica di base è praticamente identica. È per questo motivo che i fratelli e sorelle si somigliano tanto. Poi essi condividono il contesto familiare in cui crescono: anche questo è un aspetto molto significativo e intenso, per il fatto che si vive a stretto contatto per tutto il giorno e spesso anche la notte, ma soprattutto perché tutto ciò avviene nel periodo della nostra vita in cui cresciamo e decidiamo che persone diventare. Ed è qui che, nel caso dei siblings, incontriamo la differenza sostanziale rispetto a situazioni tradizionali.
I siblings incontrano sfide aggiuntive rispetto alle situazioni di normalità, sfide che abbracciano tutte le fasi della propria vita, (per citarne solo alcune) basta pensare nell’infanzia al gioco con il fratello disabile e al condividere le attenzioni dei genitori, o in adolescenza al bisogno di essere accettati nonostante l’imbarazzo del fratello disabile, o la scelta delle amicizie a volte faticosamente ponderata a causa della disabilità fraterna; in età adulta appare difficile anche la scelta del partner, del lavoro, del luogo in cui vivere o addirittura la scelta di diventare genitore…(con un eventuale rischio genetico…). Tali sfide, se pur faticose, rendono i siblings delle persone speciali con un ricco patrimonio interiore proprio per questa esperienza di vita “diversa” vissuta e elaborata emotivamente rispetto alle situazioni di normalità.
In particolare il dottor Dondi afferma che essere sibiling non è una patologia, ma rischia di poterlo diventare, qualora i siblings fossero lasciati soli nell’elaborare emotivamente la loro esperienza, senza un adeguato accompagnamento terapeutico volto alla prevenzione e alla promozione del loro benessere (nei servizi territoriali psichiatrici per l’infanzia o per gli adulti ai fratelli, difatti, è riservata attenzione solo quando questi riportano segni di disagio o patologia).
Il dottor Dondi a fine incontro ha sottolineato che in questi 10 anni di lavoro con i siblings per lui rappresentano ancora un punto di partenza, occorrono stimoli futuri e occasioni per confrontarsi tra professionisti; scrivere e fare informazione sui siblings oltre a costruire momenti e progetti dedicati al loro benessere, perché di questo esiste il bisogno, ancora troppo silenzioso.
Ursula Zambelli