di Luciano Mazzoni Benoni
In occasione dell’equinozio di Primavera – fenomeno astronomico che non sfugge ai ritmi della natura, ma che rischia di sfuggire un poco agli umani sempre meno attenti al ritmo cosmico (specie gli occidentali, iper – secolarizzati e postmoderni, quindi resi insensibili al linguaggio simbolico) – ricorre la Festa di Capodanno condivisa da milioni di persone, appartenenti a numerosi popoli, di differente cultura lingua e religione. Pochi giorni fa.
La sua ricorrenza è però passata un pò troppo di sfuggita e vale invece la pena menzionarla. Se non altro perché, oltre a valorizzare un rituale ancestrale che appartiene al patrimonio dell’intera umanità, essa favorisce la pace e la riconciliazione.
E conviene anche sottolineare perfino una piccola eccezione: lo stesso equinozio è risultato leggermente anticipato (al 20 marzo) rispetto al calendario civile (solare).
Per di più occorre notare come, in questo caso, si tratti di una ricorrenza importante: significativa sul piano storico per la sua antichissima radice ed altrettanto rilevante sul piano socio-politico, non a caso riconosciuta dall’ONU come Giornata internazionale celebrata da almeno 300 milioni di persone in una vasta area del continente asiatico.
Se ne accorse lucidamente il presidente degli USA Barak Obama quando – in quello sforzo coraggioso ed assai opportuno di riapertura del dialogo con l’attuale Iran – volle inaugurare la consuetudine dell’invio degli auguri al popolo persiano.
I calendari interculturali (come quello del Forum interreligioso di Parma o quello di Religions for Peace) lo menzionano con ampio risalto.
Alcuni anni or sono una pubblicazione della Biblioteca Internazionalele ‘Ilaria Alpi’ (Quaderni della città educante) la illustrò, unitamente ad altre Festività delle principali Religioni presenti sul territorio parmense: Città e culture: Feste dal mondo per la città di Parma, Edicta 2010.
A Parma quest’anno è stata celebrata sia dai Curdi (con qualche giorno di anticipo) sia dai fedeli Baha’i.
Sorge allora un interrogativo: fino a quando le popolazioni insieme residenti nella medesima città (e la stessa Scuola Pubblica, di ogni ordine e grado) continueranno ad ignorare le rispettive festività?
Si tratta non di una domanda oziosa per ‘addetti ai lavori’ (antropologi religiosi): bensì di una questione seria: dal momento che solo allora potremo dirci di appartenere ad una “vera comunità” !